Ho avuto la fortuna di leggere la bellissima prefazione che Alessandro D’Avenia ha scritto all’edizione della Divina Commedia curata da Franco Nembrini e illustrata da Gabriele Dell’Otto. Parlando di Dante e della sua continua ricerca di pace, D’Avenia sottolinea come l’intera esistenza del sommo poeta sia stata un’inesausta indagine orientata alla progressiva unificazione tra il mondo interiore e quello esteriore, tra la vita che cresce dal di dentro e le relazioni tra gli uomini.
Leggendo queste parole ho immediatamente pensato al Michele Rua: per me, il gusto di coltivare la vita interiore e le relazioni interpersonali rappresenta la sintesi dell’esperienza oratoriana.
Per questa sua natura, l’oratorio è anche fonte inesauribile di straordinarie storie di vita e divertentissimi aneddoti.
Tra i tanti, mi piacerebbe condividerne uno con voi.
Parecchio tempo fa, facevo parte di un gruppo musicale oratoriano, i Discovery. Ci piaceva suonare rock progressive, in particolare Mike Oldfield, senza disdegnare i Dire Straits, i Pink Floyd e i Toto. Ci trovavamo il sabato pomeriggio in una sala detta “orchestrina” e, guidati dal perfezionismo musicale del nostro chitarrista Davide Del Vento, alternavamo le prove per i concerti a intermezzi ludici, in cui ci capitava di suonare ossessivamente e per lungo tempo stralci di suite strumentali ad un volume via via crescente.
L’orchestrina non era esattamente insonorizzata e le nostre esecuzioni si potevano sentire anche dall’esterno. Don Piero Busso ci aveva chiesto già più volte di limitare il volume, ma noi, nonostante iniziassimo con le migliori intenzioni, finivamo quasi sempre per suonare a volumi da stadio.
Un sabato pomeriggio, mentre provavamo, don Piero entrò in orchestrina senza dir nulla, afferrò una grossa radio-registratore (tipo quelle dei rappers deglianni ‘80) e uscì, così come era entrato, in silenzio. Dopo circa venti minuti, rientrò in orchestrina, spense i nostri amplificatori e ci intimò di fare silenzio e di ascoltare la radio.
La registrazione era confusa ma il messaggio era chiaro. Don Piero, munito di registratore, aveva appena fatto un giro per tutta la casa salesiana e, specificando in ogni ambiente dove si trovasse, sottolineava il volume insostenibile della nostra musica.
Noi lo ascoltavamo tutti in silenzio, ma al suo commento: “Sono nel refettorio delle suore, il pavimento trema e io non so piu’ cosa fare…” scoppiammo tutti a ridere, pensando alle povere suorine che barcollavano sul pavimento tremante mentre cercavano di fare le loro faccende.
Come potete facilmente immaginare, ci beccammo un cazziatone epocale e da quel momento in poi i volumi delle nostre prove, intermezzi compresi, furono più ragionevoli.