Colgo l’occasione di questi primi 100 anni del Michele Rua per riaprire il mio album delle foto e raccontare cosa è stato per me incontrare, ad un certo punto della mia vita, la realtà dell’Oratorio Monterosa.

Appartenendo inizialmente ad un’altra Parrocchia, quella del Gesù Operaio, ricordo che quando in macchina con mio fratello e mia mamma passavamo davanti a Via Paisiello 37 regolarmente esclamavamo: “Quanti giovani!”, nonostante in quegli anni anche il Gesù Operaio godesse di buona salute, ma al Michele Rua i giovani erano sempre di più, sembrava quasi che dentro non ci stessero tutti, al punto che anche all’uscita se ne vedevano sempre moltissimi. Avevo fatto la preiscrizione alla Scuola Media del Michele Rua e non vedevo l’ora che iniziasse la prima per entrare a far parte finalmente di quel mondo. Erano gli anni di don Mario Banfi come direttore, un salesiano visionario dal cuore d’oro, attento ad ogni singolo ragazzo, proprio come don Bosco. Aveva inaugurato da poco la palestra, supertecnologica per quei tempi, e con il motto del “mattone su mattone” stava ultimando il teatro che sarebbe risultato pronto di lì a poco. Ma, soprattutto, l’anno scolastico 1990-91 sarebbe stato il primo anno in cui le classi non erano più di soli maschi, ma miste, perché arrivarono (finalmente!) le ragazze che, soprattutto per i “secondini” e i “terzini” – oltreché per noi “primini” – portarono un certo scompiglio e comunque una ventata di fresca novità! Erano anche gli anni del mai dimenticato don Piero Busso e di Suor Marisona, una vera e propria seconda mamma per noi ragazzi del ’79. Dall’inizio delle Medie iniziai così a frequentare sempre più stabilmente il mio nuovo Oratorio “tradendo” di conseguenza il mio vecchio Gesù Operaio. A dirla tutta il mio era in realtà un ritorno, perché avevo frequentato la Scuola Materna “Mamma Margherita” e avevo già pregustato, tutto intero, quello che sarebbe stato il clima che avrei incontrato poi alle medie e in oratorio. La scuola e gli insegnanti erano di ottimo livello, il clima al di là della scuola era meraviglioso, i compagni di classe erano ormai diventati grandi amici. E poi c’erano le gite scolastiche, indimenticabile quella di terza media tra Roma e Napoli accompagnati dal nostro preside don Palma che, scrollato quel velo di seriosità che sembrava appartenergli, fu la vera e insospettabile star del pigiama party organizzato l’ultima sera. E poi il Microfono d’Oro, e i ritiri a Riva di Chieri, e la gita attesissima a Gardaland. Intanto d’estate a Gressoney c’era il campo dei giovani delle superiori, ancora nella vecchia casa, con talmente tanti giovani che era un miracolo che quella casa non fosse ancora caduta. Io ero ancora piccolo per partecipare e salii solo la domenica per recuperare con la mia famiglia mio fratello che era stato su tutta la settimana. Rimasi a bocca aperta quando tutti quei giovani si disposero per fare la foto di gruppo, quasi non ci stavano nell’inquadratura talmente erano numerosi. Erano gli anni delle immense compagnie, quando si cantava “Oh Gressoney… per niente al mondo io ti cambierei!”.

Finita la scuola media iniziai le scuole superiori al Liceo Einstein, ma l’Oratorio diventava sempre di più la mia seconda casa. C’era il Gruppo del Biennio da frequentare, poi le prove in Orchestrina con il gruppo musicale, poi il Gruppo Liturgico, poi le prove del coro, e poi gli incontri della mitica Nova Video. C’erano settimane in cui tutte le sere ero impegnato in Oratorio e a casa mi vedevano letteralmente solo per dormire. In quegli anni ci fu anche il cambio tra don Piero e don Alberto Zanini. Se don Piero era un salesiano che riusciva ad agganciarti di più col cuore, don Alberto riusciva ad affascinarti di più con la testa, e quest’ultimo è stato di fatto un riferimento fondamentale per la mia formazione in tutti gli anni del Liceo. Il 1994 fu anche l’anno del leggendario Festival “Voci nel bosco”, una rassegna in stile sanremese in cui i numerosissimi gruppi che all’epoca frequentavano l’Orchestrina dovevano comporre e presentare una canzone inedita che avrebbe gareggiato con le altre della categoria. Nella categoria esordienti vincemmo col gruppo Alfaomega il primo premio con la canzone “Ricordi e pensieri”, una delle mie prime soddisfazioni musicali! Bellissimo quel festival, e ancora oggi questi ricordi e questi pensieri mi commuovono…

Gli anni intanto passavano, l’appartenenza all’Oratorio cresceva, con il modello di tanti giovani più grandi di me che mi indicavano la direzione di ciò che sarei voluto diventare per i ragazzi più piccoli, specie nelle mie prime esperienze di catechismo e poi di animazione, soprattutto nelle Estate Ragazzi organizzate da don Alberto, con uno stuolo di più di 400 ragazzi dalla prima elementare alla seconda media, con i cortili che straripavano, con i pullman stipati per le gite in piscina o in montagna. Erano ancora e sempre anni di immense compagnie, questa volta delle nuove leve da accudire e a cui passare un giorno il testimone. Il Michele Rua, a quei tempi, era davvero un microcosmo, forse l’unico “social” alternativo alla piazza, un vero e proprio villaggio in cui le varie fasce di età si incontravano e si incrociavano, a tal punto che poteva sorgere nella testa l’illusione di conoscere mezzo mondo. Effettivamente in numerose occasioni, anche negli anni successivi, in posti impensabili, mi è capitato di incontrare “gente” del Michele Rua. Forse è vera quella formula matematica che afferma che con 3-4 passaggi di persone ci si conosce praticamente tutti (devo il copyright al buon Andrea Beraudo), ma è sicuro che in quegli anni l’Oratorio Monterosa contribuiva a rendere vera questa formula. Intanto per il campo di settembre, che continuava a contare una moltitudine di giovani, c’eravamo spostati in una nuova casa a Gressoney Wald, certamente più “a norma”, quella con la scritta “Don Bosco” sul tetto, in cui andai anche per i campi animatori organizzati dalla MGS (Movimento Giovanile Salesiano).

Sfogliando le pagine dell’album arrivo così all’estate 1997 e alla Giornata Mondiale dei Giovani a Parigi, la mia prima GMG. Il Papa Giovanni Paolo II iniziava a dare segni di cedimento nel suo fisico, ma la sua forza era così carismatica da essere riuscito a radunarci da tutto il mondo nella spiritualmente tiepida Parigi. Ma poi, l’estate successiva fu l’Estate, quella che non vedi l’ora di vivere da sempre: l’estate della Maturità. Correva l’anno 1998 e le foto dell’album mi riportano a quella vacanza di noi, ormai “maturati”, con don Alberto in Costa Azzurra. Don Alberto era un tipo che spendeva giorni per organizzare tutto nei minimi dettagli, ma solo perché ciò potesse lasciare il giusto spazio all’imprevisto e all’avventura. E quella vacanza fu oltremodo avventurosa e certamente indimenticabile! Eravamo due pulmini di ragazzi scalmanati e in cerca di divertimento dopo i mesi appena trascorsi tra le sudate carte della Maturità. La nostra mascotte, manco a dirlo, era il mitico Don Del Tetto, per tutti DDT. Immaginatevi dei ragazzi dormire di notte col sacco a pelo in riva al mare su un’isola, quella di Porquerolles, schivando le luci della guardia costiera che controllava che le spiagge fossero libere come il regolamento imponeva… Ebbene, quei ragazzi eravamo noi, e il fatto ormai è caduto in prescrizione ;o) Immaginatevi ancora dei ragazzi in bicicletta sparsi sulle strade della Costa Azzurra, qualcuno addirittura disperso (in epoca pre-cellulare e senza navigatore), stremati all’arrivo sotto il temporale… Ebbene eravamo sempre noi! (alla fine tutti recuperati!). Immaginatevi infine un gruppo di canoe a due posti solcare il fiume Ardèche, dentro gole incantevoli di roccia calcarea tra sprazzi di natura incontaminata… Immaginatevi sul traguardo tutte le canoe arrivate in tempi record in attesa dell’unica canoa a due posti ancora dispersa, con a bordo DDT e un altro, che stavano arrancando per raggiungere la fine del percorso destreggiandosi tra i nudisti e le rapide… Ebbene, quell’altro nella canoa con DDT ero io! E quel fiume quel giorno mi sembrò infinito, forse perché pagaiavo solo io, o forse perché intanto DDT mi stava raccontando senza sosta tutte le perle della sua vita… Indimenticabile! Fu una vacanza indimenticabile!

Dopo quell’estate iniziai l’Università e in oratorio diventai animatore dei ragazzi del biennio, ora ribattezzato New Entry. Era intanto arrivata una nuova suora il cui sorriso era capace di mettere d’accordo tutti, suor Angiolina. Il rapporto con i ragazzi durante l’anno, o nei campi estivi, era ciò che più mi faceva sperimentare in profondità la passione che aveva animato Don Bosco nell’incontrare il cuore di un giovane: ascoltarlo, stupirsi di ciò che lo può muovere, proporgli percorsi, esserci come presenza, affinché potesse davvero sapere di essere amato in modo privilegiato. Furono quelli anche gli anni del Capodanno con il gruppo di Taizè organizzato nelle varie capitali europee, prima Vienna, poi Milano, poi Barcellona, in un clima di preghiera e di festa. E poi in mezzo, nel 2000, ci fu anche la GMG a Roma per il Giubileo, davvero un evento storico, con Giovanni Paolo II sempre più sofferente che però non demordeva, con le sue parole che uscivano stanche ma tenaci, facendo così intravedere come quella sofferenza potesse essere trasfigurata in un richiamo d’amore che ci conduceva a Qualcun’altro. La veglia del sabato sera in questo fu memorabile, uno di quei momenti in cui il mondo si ferma e capisce che un’altra realtà sulla Terra è possibile, una realtà fatta da milioni di giovani, come un’immensa compagnia, che sperano negli stessi grandi ideali incarnati nella persona di Gesù. Quella GMG mi toccò il cuore.

Sul finire dell’Università iniziai a sentire l’esigenza, un po’ per volta, di lasciare il porto sicuro dell’Oratorio, la mia indiscussa seconda casa che però rischiava talvolta di assumere i contorni di una gabbia d’oro, per lanciarmi in mare aperto alla ricerca di nuove avventure. Ma il filo della vita spesso ti riporta da dov’eri partito, con una nuova veste e una nuova consapevolezza. Sono comunque certo che, dovunque andrò, gli anni trascorsi in Oratorio impressi in queste foto continueranno ad essere, nel mio cuore, un’immensa compagnia.