storia 9, 27 febbraio 2022
            by Caterina Ventura

Avrei tante storie da raccontare riguardanti la mia esperienza presso l’oratorio Michele Rua, ma non basterebbe un intero libro per raccoglierle tutte. Quindi mi limiterò soltanto a scriverne una, che inizia proprio dal primo giorno in cui sono arrivata in questo luogo.

Comincerei con una breve introduzione. Prima dei 27 anni abitavo nel quartiere confinante con Barriera di Milano, cioè Borgo Vittoria. Quando poi la mia famiglia è stata costretta a trasferirsi, ho dovuto seguirli anche io, in quanto non essendo sposata, vivevo con loro.  Già dalla prima settimana oltre al lavoro, mi dedicai alla ricerca di una Chiesa. Mi concentrai su Maria Regina della Pace, che per

pochi metri diventava quella di appartenenza. Ma sapevo che ne esisteva un’altra ancora più vicina, che attirava molto di più la mia attenzione: si trattava proprio della San Domenico Savio.

La prima domenica si stava velocemente avvicinando ed io non avevo ancora preso una decisione in merito. Ed eccomi a quel giorno. Pensai che forse avrei potuto fare una prova cominciando appunto con la Chiesa più vicina. E così fu. Uscii di casa e mentre camminavo sentivo in lontananza della musica. Più mi avvicinavo alla meta e più aumentava il volume.

Ad un tratto notai un po’ di gente davanti ad un’area aperta che sembrava un cantiere. Ma osservando meglio mi accorsi che si trattava proprio di un cantiere. Di gente ce n’era veramente tanta e tutti erano fermi intenti ad ascoltare quella musica….anzi quei canti.

Non mi era mai capitato di assistere ad una Santa Messa celebrata all’aperto.

Mi fermai anch’io: non so per quale motivo, ma mi sentivo a mio agio.

Guardai meglio: un palco improvvisato, un coro ben posizionato insieme ai musici e un uomo vestito di bianco che li dirigeva, probabilmente un prete. Tutto perfettamente organizzato nei minimi dettagli.

Ad un certo punto, un altro sacerdote si avvicinò ad un microfono e cominciò a parlare rivolgendosi alla folla.

Non ricordo le parole esatte, ma le poche che mi arrivarono all’orecchio e che ancora mi ritornano in mente, mi fecero intuire che stavano dando la benedizione a qualcosa che sarebbe servito a costruire una palestra.

In quel momento alcune persone davanti a me cominciarono a bisbigliare qualcosa. Captai la frase ‘posa del primo mattone’. Ma che bello!!! Incuriosita restai fino all’ultimo. Purtroppo però non riuscii a vedere nè il primo mattone e né la sua posa, perché ero troppo distante e avevo tanta gente davanti a me. Data la mia statura, nemmeno sulla punta dei piedi riuscivo a intravvedere quello che stava capitando. Ma ero ugualmente contenta.

Non appena giunse al termine la funzione, tornai a casa felice: ho trovato la mia Chiesa!!!

Scoprii solo nelle settimane successive che si trattava di una Comunità di Salesiani, di cui avevo già sentito parlare, ma che non conoscevo né le loro origini e né chi fosse il fondatore.

Da quel giorno sono già passati 33 anni e ancora oggi frequento la stessa parrocchia, che nel frattempo è diventata quella di mia appartenenza, in quanto mi sono spostata di qualche metro più avanti come abitazione.

Il primo ricordo lo rivolgo a don Mario Banfi che mi ha sempre appoggiata, anche se con tante difficoltà, nell’approvazione finale degli spettacoli preparati con i ragazzi e i giovani dell’oratorio.

Un altro ricordo speciale va a suor Marisa Garberoglio, che ci ha lasciati recentemente. Una persona sempre disponibile e pronta ad aiutare gli altri. La sua postazione era al primo piano, nella sala giovani, davanti a una scrivania che osservava i ragazzi che giocavano o che discutevano, pronta ad intervenire in caso di problemi o per chiacchierare con loro.

Infine un ricordo particolare lo dedico al grande don Virgilio Zucca. Ho lavorato al suo fianco per un certo numero di anni sia in oratorio che al cinema. Famoso è rimasto il saluto ai bambini che gli venivano incontro: la ‘stretta dei mignoli’. Saluto, naturalmente, che rivolgeva anche ai meno giovani.

Purtroppo ci ha lasciati molto presto. Ma posso raccontarvi un aneddoto che pochissimi conoscono e che mi ha colpita profondamente. Ricordo come fosse successo soltanto ieri.

Si riferisce ad alcuni mesi prima della sua morte. Avevo saputo che non stava bene, infatti lo si vedeva in oratorio molto raramente. Finchè un giorno, per un certo periodo di tempo, non lo si vide affatto. Chiedevamo notizie, ma nessuno sapeva dirci esattamente quale fosse il motivo della sua assenza. Rimase tutto nel mistero. In seguito, dopo parecchie settimane, se non mesi, ricomparve.

Mi avvicinai a lui di corsa, convinta che mi avrebbe accolta come aveva sempre fatto: con un inconfondibile sorriso ti chiamava per nome e cominciava a chiederti come stavi.

Ma quel giorno non fu così. Stava salendo le scale per rientrare a casa. Lo chiamai più volte, ma sembrava non sentire. Data la mia insistenza si voltò. Mi guardò come se non si ricordasse chi fossi. Mi chiese: ‘Chi sei?’.

Rimasi per qualche secondo senza parole. Poi quasi con delusione gli risposi: ‘Sono Caterina’.

A quel punto sembrava che si fosse ricordato di me. Mi disse: ‘Ciao Caterina’. Ma non sorrise e non disse altro. Prima che riaprisse la porta aggiunsi: ‘Ciao don Virgilio. Cerca di curarti e quando torni voglio vederti come prima.’.

Non appena terminai la frase, mi salutò e sparì dietro la porta. Non lo vidi mai più.

Passarono ancora tante settimane, non credo di ricordare quante. Poi una notte, mentre dormivo, sognai una persona che mi aspettava davanti a una porta, in un lungo corridoio tutto illuminato. Aveva un viso tranquillo e riposato. Ad un certo punto mi parlò e mi disse: ‘Ciao Caterina, adesso sto meglio’. Il sogno terminò. Mi svegliai di colpo perché non capivo cosa poteva significare.

La sera seguente, mentre ero impegnata in teatro a fare una ripresa con la telecamera, si avvicinò don Mario Banfi per parlare con un’altra persona. Capii dal discorso tra i due che si trattava di don Virgilio: ‘Non ce l’ha fatta’.

A quel punto associai quelle parole al sogno e mi vennero le lacrime agli occhi. Non potevo crederci.

Non aggiungere altro!!!!

Le esperienze in oratorio sono state veramente tante, positive e negative. Ma alla fine tutto serve alla crescita sia morale che spirituale della persona.

Grazie ‘Michele Rua’.